La gattara

Laura era la gattara del paese.
Mani nodose, sarcasmo feroce, sigarette e caffè
Un frigorifero scarno di piccoli pacchetti incartati con cura, etichette scritte con una calligrafia minuta a ricordare l’ordine di una vita precedente.
E un solitario a scandire ore troppo lunghe.
Laura non è morta, semplicemente ha dovuto andare. Ora vive con il figlio, in un appartamento anonimo di tre stanze e cucina, in uno di quei paesi tutti uguali che si fingono Milano. Non è morta, ma è stato come morire.
Una colonia felina è simile alla nave dei pirati dei Caraibi, si sceglie sempre un nuovo capitano, poco importa che tu non lo voglia fare.
E così ora la gattara sono io.
Ogni mattina i gatti di strada sono il mio inizio, mezz’ora di silenzio prima di un giorno di parole importanti.
Li guardo mangiare, accudirli è un privilegio.
Stare in questo tempo circolare mi aiuta a pensare al mio lavoro, quello vero , quello di cui non dico mai.
Gli animali in libertà ti insegnano la vulnerabilità dei legami, l’importanza di una fiducia che si costruisce nella costanza di gesti ripetuti.
Nella catena di momenti sempre uguali, sempre differenti si formano rapporti fragili come il cristallo.
Tutto è importante, basta un tono di voce diverso, uno scricchiolio e ti devi riguadagnare tutto da capo.
Sai che molti di cui ti prendi cura non si faranno nemmeno sfiorare da te.
Con il tempo fai la pace con il fatto che alcuni sono randagi fin nel midollo e tu sei una comparsa.
Capisci così la gratuità del dare.
Inizi a tollerare la frustrazione.
Non mi amano.
Però mi aspettano, ogni mattina, alla stessa ora.
E allora inizi ad esserci, sempre, al di là del desiderio, del giudizio e della memoria.
Tolleri la diffidenza.
Costruisci angoli vivibili in inverni impensabili.
Impari le leggi della sopravvivenza.
Ti rassegni, non puoi cambiare il tempo.
Ma puoi fare in modo che a tempesta finita siano ancora tutti lá, infreddoliti , malconci, incazzati, ma vivi.
Se sei fortunata accetti di non essere onnipotente e che non puoi salvarli tutti.
Magari su questo ci devo ancora lavorare…
Ogni perdita un segno sulla pelle.
Ci sono piccoli da allattare e malattie schifose con nomi impronunciabili.
E ci sono giorni buoni di sole e muretti tiepidi.
Altri in cui puoi solo sperare che il gelo non sia troppo cattivo.
E poi ci sono giorni di merda come questi in cui il senso non lo trovi più .
Ma domani è un’altra alba gelida e la ciurma ti aspetta e pensi che ti dovrai comperare una vestaglia marrone, delle ciabatte di pelo e iniziare a fumare.

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