Xanax

A marzo ho messo le lucine fuori di casa, come se fosse Natale.
Se passate di qui le vedete ancora, accese, sulle pietre di questa vecchia casa, attorcigliate al glicine infreddolito. Non sono brava con questa cosa dello spegnere.
E lo ammetto, sono una di quelle che ha fatto le torte di mele, che se devi passare da 100 a 0 in un secondo almeno le mani devi tenerle occupate.
Ne ho fatte così tante che secondo i miei calcoli non dovrei più vedere un medico per i prossimi due secoli.
La buona notizia é che, vivendo in una specie di eremo, mi sono risparmiata le cantate sui balconi e gli arcobaleni, cosa suoni a fare se non c’è nessuno che ti ascolta.
A parte queso ho esibito tutto il repertorio della lock downer perfetta, un misto fra commozione e fiducia nell’umanitá, insomma, come dice un caro amico, Barbara D’Urso me spicciava casa.
Poi, poco prima del primo giorno di primavera, ho trovato un gatto della mia colonia morto.
Si era trascinato fino alle cucce che avrebbero dovuto tenerlo al riparo ed era rimasto lì, bello e immobile con un filo di sangue al lato della bocca.
Questo fanno le macchine ai randagi lenti.
Si chiamava Xanax perché era un esserino piccolo e ansioso.
Viveva nascosto ma quando il Covid ha congelato il mondo ha trovato il coraggio di farsi vedere.
E stava fermo, in mezzo a una strada vuota ad annusare i raggi di sole.
Io glielo dicevo di non fidarsi,
ma non mi ascoltava.
Un po’ perché era bianco, quindi sordo, la genetica ha uno strano senso dell’umorismo, e un po’ perché era un gatto e più ribelli dei gatti ci sono solo i figli.
L’ho accarezzato per la prima volta che già non c’era più.
E ho capito tre cose, che era una femmina, che era incinta e che no, non sarebbe andato bene un cazzo. Non saremmo cambiati mai.
Lo so voi ci eravate già arrivati leggendo Chomsky e Schopenhauer.
Io no.
A me queste stilettate di cristallo arrivano così, magari mentre avvolgo un micio morto in una coperta, che fa freddo lì dove deve andare.
E mentre dicevo la mia preghiera laica per Xanax, che finalmente non aveva più paura, ho pensato che eravamo tutti come la macchina che l’aveva investita.
Stavamo andando troppo veloci e non saremmo riusciti a frenare in tempo e cambiare strada o semplicemente a fermarci un attimo sul ciglio a ricordare perché stavamo correndo.
Le persone fragili sarebbero uscite allo scoperto tradite dal silenzio e si sarebbero fatte travolgere.
I deboli sarebbero stati sempre più deboli.
I rancorosi sempre più incazzati.
Gli stupidi ? Quelli avrebbero tenuto comizi.
Da lì in poi non mi ha più stupito niente,
dalle botte di Colleferro fino ai no vax.
Niente mi sorprende più, nemmeno Renzi e questo la dice lunga sul disincanto.
Che poi aveva ragione Stephen King, certo non sarà Sartre ma il lato oscuro lo abita da sempre.
Alla fine di tutto, quando il tempo si fa nero, esistono solo 3 tipi di persone.
Quelli che sognano Mother Abigaille.
Quelli che sognano Randal Flagg.
E quelli che non sognano affatto.
( sì lo so, questa é per pochi, ma quei pochi mi hanno capito)

Nella foto uno dei miei gatti a caso, perché i gattini fanno “audience”

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