
Un paio di mesi fa Teresa si é sentita male.
Mi ha chiamato alle tre di notte.
Sono corsa subito, con il cappotto sopra al pigiama , un peso da una tonnellata sul cuore e un corvo nero nella testa che mi gracchiava ” Ci siamo”.
Perché mia madre é una grande rompicoglioni, telefona mille volte per dire che ha litigato con Alexa, ma un aiuto vero, quello non lo chiede mai.
L’ho trovata sul divano,
rannicchiata come si sta quando si nasce.
“Sto morendo, ciao bambina, ti voglio bene.”
E siccome da sempre Eleonora Duse le lustra le scarpe, mi é venuto anche un po’ da ridere.
Così sono rimasta per qualche istante immobilizzata , con il corvo sulla spalla , gli occhi lucidi e la voglia di applaudire e dirle “Buona la prima, adesso alzati però “
Ma lei non si alzava.
Così mi sono inginocchiata.
“Lo so che tanto non muori Teresa, ma nel dubbio ti amo anch’io e sei stata una brava madre.”
E su questo ci sarebbe stato molto da aggiungere.
A modo tuo,
ad esempio.
Ma una che fa millenni di psicoanalisi e poi diventa psicoterapeuta mica può sbagliare la battuta finale, che poi magari il pubblico se ne accorge che la protagonista non é poi così risolta.
Ad un tratto ha iniziato a tremare.
A dire cose senza senso.
E indicava qualcosa che c’era solo da qualche parte nella confusione che l’aveva mangiata.
Ho iniziato a pensare ad anni in cui mi avrebbe chiesto
Tu chi sei?
Ai pannoloni che fanno sembrare gli anziani dei neonati indifesi e rugosi.
Al circo delle badanti stanche che spingono carrozzine parlando al cellulare in qualche lingua dell’Est.
Mi sono detta cazzo no.
Non così, questo non te lo meriti.
Se devi andare via fallo stanotte, con I capelli biondo platino, i tuoi sbalzi d’umore da prima donna e la divina commedia recitata a memoria.
Ho chiesto ad Alexa una ninna nanna e le ho appoggiato la testa sul mio grembo.
L’alba ci ha trovate così .
lei a decidere se restare o dissolversi.
Io a fare la pace con tutto quello che ancora non mi ero perdonata di non averle perdonato.
Alle sei ho chiamato l’ambulanza.
Due giorni dopo, quando l’hanno dimessa, nessuno ha saputo spiegarmi cosa avesse avuto.
Mi sono detta che forse i vecchi sono come gli alberi secolari, affrontano mille uragani e ti illudono di non cadere mai, poi basta un temporale estivo per schiantarli.
La signora che é uscita dall’ospedale é un acquerello sotto alla pioggia, ogni giorno perde un po’ di colore e di pezzi della sua storia.
Scrive un sacco di foglietti con i nomi e le cose che non vuole che svaniscano per sempre.
E poi li perde.
La lotta per accettare la sua nuova fragilità la rende triste e incazzata.
Però si é fatta la tinta,
sa ancora i gironi dell’inferno e del paradiso, e ogni mattina decide che anche oggi si va in scena.
Insomma La Duse forse vedrà i suoi novantuno anni. Qualche giorno fa ha fatto il vaccino.
Per l’occasione si é voluta mettere una casacca di seta e una collana bella perché per lei che un dottore l’aveva sposato l’arrivo di un medico é sempre un avvenimento.
Mentre le pungevano il braccio ho provato un amore per lei che così non l’avevo sentito mai. Senza più ombre né recriminazioni. Amore e basta.
Dai Teresa, che le prove generali le abbiamo fatte e ora che il Covid non ti potrà costringere a morire da sola, quando vorrai far calare il sipario, io sarò lì a tenerti la mano. Poi ti farò una standing ovation. E te la meriti.
( nella foto Eleonora Duse, ma vi giuro potrebbe essere Teresa…)