Perdonami se in questi giorni non sono stata al tuo fianco amica mia, ma quella cosa che é morta ieri mica eri tu, era un ciclamino appoggiato in un letto.
Tu eri andata giá via, in punta di piedi, semplicemente hai spento quella testa incredibile e il cancro non ti ha potuto più fare male. Hai vinto tu. Ma questo non mi consola. Mica lo so come farò a cominciare le mie giornate senza le battute al vetriolo e il tuo affetto goffo, che non mi hai detto mai che mi volevi bene, però sulla tovaglia di plastica a fiori, alle sette del mattino, trovavo sempre un piattino con i miei biscotti preferiti. Li compravi solo per me, maledicendo il tuo diabete ogni volta.
Avevi gli spigoli di chi amata non si é sentita mai, su quegli spigoli si infrangeva il mondo.
E nel tuo mondo hai deciso di lasciarmi entrare. Forse perché, orgogliosa come sei, fingevi di credere che venissi da te solo per i gatti. O perché eravamo due straniere fra gente che non sará davvero nostra mai.
Poco importa. É stato un privilegio esserti amica, tenerti la mano quando hai iniziato a stare male.
E mi si impigliano frammenti di te fra le lacrime.
La moca pronta sul fornello e l’odore delle MS mischiato al caffé.
I golfini di Gemelli lisi, riposti con cura nella naftalina, a ricordare una vita diversa. La calligrafia minuta sulle etichette dei surgelati, che neanche nella cucina di Cracco. I cruciverba che da quando c’é quel coglione del figlio, il Bartezzaghi non é la stessa cosa e le carte ingiallite di un solitario che non veniva mai. E poi il tuo rapporto ruvido con i randagi. Cosí diverso dal mio. Tu li accudivi senza pretendere che ti amassero, che poi forse avevi ragione tu e l’amore vero é proprio questa cosa qui.
Sei stata una gattara in un paese che i gatti li odia, e io non riesco a trovare una metafora più bella per la tua vita controvento.
Qualche giorno fa io e Matteo ci siamo seduti sui gradini di casa tua, fra i mici della colonia confusi dalla tua assenza.
Abbiamo aperto due birre e messo l’internazionale, proprio come volevi tu. Poi abbiamo brindato alla tua salute. E abbiamo parlato di te, abbiamo pianto, un sacco e riso, tantissimo. Se tu ci fossi stata ti avremmo offerto un negroski.
Cazzo Laura, é stato un funerale perfetto, quello che la tua anima bella si meritava. E ora vola via leggera, compagna Bedogni, che a combattere qui rimaniamo noi.