Avevo sei anni quando mio padre è morto.
Lui quarantadue.
Nel comodino della sua camera d’ospedale
la Gazzetta dello Sport, due libri di Agatha Christie e l’inizio di una poesia per me.
Non ha avuto il tempo di finirla.
Mi sono cercata per tutta la vita senza capire che ero già lì, in quelle poche righe scritte con il tratto veloce di chi deve partire.
“Dalla piccola mano
Paola
Tenera vita della mia vita.
Nata
a queste solite cose
A questa aria, a questa luce
Ai cieli sereni tracciati in gioia
da rondini nere
Ai mari,agli orizzonti
Alle dolci cose,agli amori
Agli uomini ed alle donne di tutti i colori.
Ai bimbi, ai cani
Alle formiche dalle lunghe file
Al rosso,al vino,ai canti
Alle lotte ,ai sogni,alle polemiche.
Paola,
Nata a questa vita
Con occhi sognanti,increduli
Vedrai
Il padre….un ricordo
La madre un rimpianto
I libri fedeli compagni
Paola
Ricorda la vita che hai
è l’unica cosa
Null’altro
La vita persegui e vivi
Non ci sarà un padre a scegliere con te
ma nessuno ti vinca mai
e non dire mai sono stanca!”
Auguri papà.
Ho costruito un giardino attorno alla tua assenza.
Sogno forte, combatto contro i mulini a vento. Mi prendo cura della tua Teresa,l’ho perdonata, ho perdonato me. Vivo nel rimpianto di non esserci capite mai. Mio figlio ha i tuoi occhi e una mente affilata, lo ameresti da morire. So a memoria Per i morti di Reggio Emilia, la canto ad alta voce, quando sono un po’ ubriaca e nessuno mi ascolta. Ho i capelli rossi. Mi sono persa. Ho inciso una mappa di parole sulla pelle, per non smarrirmi più. Non uccido le formiche. Da poco tempo ho imparato a riconoscere la donna nello specchio. A volte le sorrido.
Credo negli esseri umani. Non mi spaventano i colori. Ho sempre avuto grandi cani gentili al mio fianco. Ascolto. Sto da trent’anni con lo stesso uomo, che per me l’amore, da quando sei andato via, è nei gesti lenti ripetuti, nella prevedibilità dei ritorni.
Questa sono io.
Ma tu lo sapevi già.