Mio padre era un comunista, uno di quelli che ci credeva davvero. Uno che tutti gli uomini sono uguali. Uno che che a sua figlia di sei anni cantava “Per i morti di Reggio Emilia”. Uno che si é sposato in chiesa perché “Mia moglie, cazzo, ha studiato dalle monache” e l’amore vinceva su tutto. Uno che non importa se non sono un operaio o una donna o un barbone, i loro diritti mi rendono una persona migliore. Uno che sapeva restare umano, sempre, e questa era la sua rivoluzione.
Mio padre era comunista, talmente comunista che é morto il primo di maggio.
Mille anni fa, in un pomeriggio tiepido, con i ciliegi in fiore e le note dell’internazionale a riempire le piazze di Brescia.
Pochi giorni dopo una bomba avrebbe trasformato la cittá in un cumulo di macerie, paura e rabbia.
Mia mamma, con la sua fede semplice e il viso scavato dall’abbandono, aveva detto piano ” Meno male che se ne é andato senza vedere tutto questo”
Se ci fosse stato, forse avrebbe urlato il suo dolore riempiendosi i polmoni dell’ennesima Marlboro, magari avrebbe pianto in silenzio, curando i feriti con il camice abbottonato male per la fretta e la barba sfatta.
Non avró mai una risposta, le sigarette e il dio di mia madre me lo hanno portato via prima.
Al suo funerale ( religioso, perché lei, cazzo, aveva studiato dalle monache) c’era una grande folla. C’erano i vecchi della Valcamonica con il fegato di marmo per la grappa,quelli con cui lui giocava a scopa sui letti alla fine del turno. C’erano le suore del suo reparto, che al “Dutur” avevano perdonato piú di una Madonna di troppo. I suoi malati, i suoi amici, i compagni e anche chi non la pensava come lui.
C’era il dolore reale di gente vera.
E non é come oggi,quando ricevi gli auguri su facebook e scrivi ” grazie, siete tantissimi”, ma in realtá sai che non c’é nessuno.
Di lui mi rimangono poche cose, gli occhi verdi di mio figlio, la tenerezza del prendersi cura di ogni essere vivente e questa anima rossa.
Il mio essere di sinistra é questa cosa qui, quella sensazione di caldo e di buono, come quando mi addormentavo sulle sue ginocchia in qualche festa d’estate che sapeva di spiedo e di sogni.
Non é politica, non importano i nomi su cui faccio le croci da quando ho diciott’anni.
Sono radici, é la mia storia, il mio sangue.
La notte dopo le elezioni mi é venuta la nausea,
Non é passata piú. Dicono che é influenza.
Al mattino ho telefonato a mia madre, le ho detto:
” Meno male che se ne é andato e non ha dovuto vedere tutto questo”
Poi siamo state in silenzio, insieme.